INFORMATIO SUPER VIRTUTIBUS
(Capitolo estratto dalla INFORMATIO Super Dubio della Causa di beatificazione e canonizzazione dei Servi di Dio Antonio Angelo e Marco Antonio Cavanis, pp. 28 - 36).
Cap III
Storia della Causa (Servi di Dio P. Antonio e P. Marco Cavanis).
21. È largamente dimostrato nella Positio super introductione et virtutibus che i fratelli Antonio e Marco Cavanis godettero per tutta la vita una non comune fama di santità sia singolarmente che cumulativamente (Summ., pp. CLIII-CLXXXVII).
Per quanto riguarda la fama goduta insieme crediamo sufficiente riportare una testimonianza per tutte, quella alla b. Maddalena di Canossa:
“Domani – egli scrive – s. Giuseppe Calasanzio; e sono tutto il giorno con li santoni Cavanis. Quanta gloria domani e quanta allegrezza di quelle grand’anime: lo creda, io mi comovo al pensarlo e piangerò allegramente di consolazione. Si conosce bene che chi lavora per il Signore gustano un paradiso anche a questo mondo” (Posit., Doc. VII, P. 266).
Per il P. Marco, morto prima del fratello, l’esplosione esterna della stima di santità che egli godeva, si ebbe nell’ottobre 1853, in occasione della morte. La sua scomparsa fu sentita come un lutto cittadino, e da ogni parte si parlò con ammirata convinzione della sua santità. Scrisse, per esempio, Gian Jacopo Fontana:
“… era noto a Venezia quel volto irradiato dall’angelica luce della bontà in ogni lineamento caratteristico, e ispirava venerazione a guardarlo, e gli si tenea dietro volentieri con l’occhio ad ogni passo, ad ogni atto; pareva l’immagine stessa di quella virtù di cui era sì ardente seguace… Il P. Marco Cavanis era un santo” (Doc. XVIII, pp. 777-778).
Né sucesse diversamente alla morte del P. Antonio, sebbene per le sue lunghe infermità non fosse comparso in pubblico da molti anni. “È morto un santo, andiamo a vedere il santo” fu la voce comune di quanti andavano in devota processione a visitarne la salma, o poterono partecipare ai funerali” (Doc. XVII, p. 800).
A) Ragioni del ritardo dei processi canonici
22. Tale fama di santità non si arrestò con la morte, e ben presto da più parti si cominciò ad attribuire prima all’uno poi anche all’altro grazie di vario genere. Tutto questo, accompagnato dalla persuasione di santità espressa sia nell’ambito della Congregazione, sia tra diversi ceti di persone anche qualificate, come vescovi e sacerdoti, spinse il preposito p. Sebastiano Casara a presentare regolare istanza al patriarca di Venezia, mons. Angelo Ramazzotti, perché si raccogliessero le testimonianze giurate sulla vita e le virtù dei due fratelli. Ciò avvenne il 20 gennaio 1861, neppure tre anni dopo la morte del p. Antonio. È un dato di fatto quanto mai significativo e non frequente, che sia fatto un passo tanto importante a così breve distanza dalla scomparsa dei due fratelli: segno indubbio di una solida fama della loro santità. Purtroppo non se ne fece nulla, e per l’infermità e per la sopraggiunta morte del patriarca; ma non se ne fece di più, quando, calmatasi la bufera delle soppressioni degli enti religiosi da parte del governo italiano, il 12 marzo 1877 il p. Casara ripeté la domanda al patriarca card. Giuseppe Luigi Trevisanato, perché dopo poco più di un mese questi improvvisamente moriva.
Il p. Casara non si stancò di insistere, tanto la cosa premeva a lui e alla congregazione; e così riuscì ad ottenere che il successore, card. Domenico Agostini, il 05 aprile 1880 si decidesse a istituire una commissione speciale di tre membri con l’incarico esplicito: “di redigere in forma ufficiosa la vita dei predetti defunti, raccoglier quei fatti che rivelano più luminosamente le molte virtù di cui erano forniti, porre in rilievo colle maggiori prove possibili e colle deposizioni di testimoni tuttor viventi le sante e forse straordinarie loro fatiche spese a gloria di Dio ed a bene spirituale e temporale del prossimo, in una parola, ad apparecchiare in forma non privata quel lavoro che più tardi potesse riuscir assai utile secondo i disegni del Signore riguardo a quei due santi uomini” (Pos., Doc. XX, p. 910). Non era il processo ma qualcosa di concreto. Bisognerà però riconoscere con amarezza che neppure questa volta si fece qualche cosa di positivo: la commissione infatti non lasciò come traccia del suo operato, neppure una firma! Non redasse la vita, non ascoltò i testimoni proposti, non raccolse le prove richieste sulle virtù dei Servi di Dio! Se non si fosse dato premura il p. Casara di raccogliere quanto fu possibile, si sarebbero perdute irrimediabilmente testimonianze preziose.
B) Inizio dei processi canonici
23. Nel 1885 il p. Casara si dimetteva da preposito, e da allora la Congregazione delle Scuole di Carità non credette di dover insistere ulteriormente, e attese in prudente riserbo e fiduciosa speranza il momento segnato dalla Provvidenza. E questo venne il 1918, solo cinque giorni dopo la finde della prima guerra mondiale – segno di un desiderio impaziente – il preposito generale p. Augusto Tormene presentava al patriarca di Venezia card. Pietro la Fontaine, la terza istanza. Il primo febbraio 1919 il patriarca firmava il decreto di avvio del processo informativo diocesano, che si apri solennemente il 24 seguente (Pos. Doc. XXII, P. 972).
Nella terza sezione sorse il dubbio intorno alle interpretazione del canone 2001 del Codice di Diritto Canonico e sull’istituire cumulativamente il processo per ambedue. Se ne chiese la soluzione alla Commissione sulla interpretazione del C.J.C., la quale rispose in data 11 maggio 1919 per mezzo del card. Pietro Gasparri. Al paragrafo 2° si diceva:
“Data la stretta ed intima colleganza che esiste nella vita e nell’opera dei due fratelli conti Cavanis, non è assolutamente necessario che si facciano due processi distinti e separati; può bastare un solo processo, purché siano interamente distinti gli interrogatori del Promotore della Fede, e gli articoli esibiti dal Postulatore, e siano parimenti distinte e separate le relative risposte…” (ib., p. 973).
Con tali direttive il processo riprese e si svolse speditamente il 16 luglio 1925 dopo 105 sessioni nelle quali furono ascoltati 20 testimoni, esso si chiuse, e il transunto venne rimesso all’allora S. C. dei Riti. Con il Processiculus Diligentiarum si fece altrettanto per la massa imponente degli scritti dell’uno e dell’altro. Il 17 aprile 1935 furono firmati i due decreti super scriptis.
Non vogliamo poi omettere che durante il Processo Informativo sulla fama di santità si fece pure, nel gennaio 1923, la esumazione e la ricognizione canonica delle salme dei due Servi di Dio, che erano state tumulate nel coro della chiesa di S. Agnese. Dopo essere state ricomposte, ebbero nuova sepoltura nella cappella del Crocifisso, proprio là dove i due fratelli avevano dato inizio alla loro opera con l’istituzione della congregazione mariana (ib., pp. 986-990).
24. Gli atti del Processo erano da poco passati alla S.C. dei Riti, quando fui istituita la Sezione Storica (16 febbraio 1930), alla quale venne rimessa an che la Causa Cavanis. Fu in realtà una fortuna, perché la scarsità di testimonianze de visu, di cui disponeva, poteva essere certamente compensata da una ricchissima documentazione storica.
Passò un periodo di incertezze, sia perché non fu reputata sufficiente allo scopo la “Storia documentata” del p. Francesco Saverio Zanon edita in due volumi nel 1925, sia per la mancanza di personale disponibile al nuovo studio che si prospettava lungo e difficile. Il lavoro poté cominciare solo alla fine del 1970 sotto la guida di mons. Giovanni Papa dell’Ufficio Storico, che lo diresse con grande passione ed esperienza, in modo che in poco più di otto anni di ricerche e di studio su una massa ingente di documenti e il lavoro per curare la stampa, era pronto il grosso volume della Positio super introductione Causae et virtutibus per ambedue i Servi di Dio. È certamente un merito non piccolo che questo lavoro sia riuscito a mettere in piena luce contemporaneamente ed esaurientemente la personalità e l’opera tanto dell’uno quanto dell’altro fratello. È stata una novità nella prassi dell’Ufficio Storico; d’altra parte non era scegliere via diversa, come afferma il Relatore Generale stesso nella Informazione premessa al Summarium.
Trattandosi infatti – egli scrive – di due fratelli: “vissuti sempre nell’unico contesto familiare, storico e apostolico, formando nel senso pieno cor unum et anima una e una coppia di unanimi e virtuosi fratelli, come li definì il card. Jacopo Monico, completandosi a vicenda in un’armonia d’intenti, di principi e di metodo unici, quantunque assai diversi per indole – anzi, diremmo, proprio a causa di tale fattore – non sarebbe stato saggio e prudente decidere per due distinti lavori” (Pos. p. XIV).
L’approvazione unanime da parte dei Consultori Storici del metodo scelto e dei criteri applicati è stato ed è motivo di particolare soddisfazione per glia attori, oltre – si capisci – che per i compilatori, i quali hanno visto premiata la loro lunga fatica con giudizi davvero lusinghieri, come abbiamo già riferito sopra (cf. cap. I §§ 2, 3, 4).
Dopo tale approvazione si ebbe quella pure unanime del Congresso Ordinario per l’introduzione della Causa dell’uno come dell’altro Servo di Dio. Sua Santità Giovanni Paolo II ratificò e confermò il responso il 04 dicembre 1980.
25. Prima di concludere resta da parlare brevemente delle lettere postulatorie, le quali con voci del tutto nuove, provenienti in larga parte della base, evidenziano l’opportunità e l’attualità della Causa di Beatificazione e Canonizzazione dei fratelli Cavanis.
Si tratta di 42 documenti provenienti dalle più diverse categorie di persone, molte delle quali veramente qualificate per autorità, dottrina e conoscenza dello spirito dei Servi di Dio. Viene anzitutto la lettera della Conferenza Episcopale Triveneta firmata dal suo presidente l’Em.mo card. Marco Cè patriarca di Venezia, alla quale seguono quelle di altri tre eccellentissimi vescovi. Vengono poi le lettere della curia generalizia e delle case dell’Istituto Cavanis, di sacerdoti, di professori universitari, di ex alunni e genitori di alunni delle scuole Cavanis, di parrocchie e associazioni accompagnate da molte centinaia di firme. A queste si aggiungono altre petizioni provenienti da ordini e congregazioni religiose, che furono o sono in relazione con l’opera dei Servi di Dio. Tra le istituzioni maschili si devono annoverare anzitutto gli scolopi, dal cui fondatore, s. Giuseppe Calasanzio, i due fratelli trassero ispirazione per la loro azione apostolica in mezzo alla gioventù; ricordiamo inoltre i pavoniani, i rosminiani, gli stimmatini, la compagnia di Maria del Provolo, la pia società don Nicola Mazza, la Conferenza italiana superiori maggiori. Tra le congregazioni femminili occupano il primo posto le canossiane, alle quali seguono le suore della S. Famiglia della Naudet di Verona, le figlie di Gesù Leonardi, le figlie di S. Giuseppe del Caburlotto, che a Venezia fu allievo dei Servi di Dio. Sono presenti pure la pia società del S. Nome di Dio, le suore della carità di s. Antida Thouret, le orsoline di S. Carlo e l’USMI lombarda. Un ultimo nucleo di lettere proviene dal Brasile, ed è preceduto da quella del vescovo di Ponta Grossa nel Paranà, nella cui diocesi lavorano da tempo i padri dell’Istituto Cavanis.
26. Per quanto riguarda il contenuto, a noi sembra che le varie lettere non potessero essere più persuase nella forma e più efficace per i concetti espressi. Vi si puntualizzano infatti le figure dei due Servi di Dio sotto diversi punti di vista, e quindi in prospettive anche molto differenziate tra loro. Volendo raccogliere in breve i concetti sviluppati, si può dire che ora se ne sottolinea la generosità nel seguire la vocazione divina, ora se ne coglie la lezione che l’apostolato non potrà mai essere veramente fecondo e meritorio davanti a Dio, se non nasce e non si alimenta da una vigorosa vita interiore e di unione con lui; ora si esaltano i meriti del tempestivo intervento dei Servi di Dio a favore della gioventù in un momento storico cruciale, la loro sensibilità ai segni dei tempi, l’ardore della carità, la fiducia in Dio e il completo disinteresse, per cui abbracciarono e amarono intensamente la povertà; ora si mettono in risalto i loro rapporti con varie anime di apostoli, che in altre citta avvertirono come loro la necessità di intervenire in soccorso della gioventù di ambo i sessi; ora ci soffermare sul significato sociale, pedagogico e spirituale della gratuità delle loro scuole, gratuità intesa come apertura tutta la gioventù bisognosa di educazione cristiana, ma in modo particolare a quella più povera.
C’è infine chi, più sensibile alla problematica socio-politica di oggi, mette l’accento sulla importanza che assume attualmente la dimostrazione di coraggio e di tenacia, che i due Cavanis offrono ai cattolici con la difesa delle proprie scuole dall’invadenza monopolizzatrice e burocratizzante dello Stato.
Nell’impossibilità di riportare le varie valutazioni, scegliamo qualche brano che in modo autorevole ci sembra sintetizzarle tutte. La precedenza spetta senz’altro alla lettera della Conferenza Episcopale Triveneta, la prima e la più degna di considerazione perché la più qualificata di tutte. Vi si legge fra l’altro: “I due Cavanis certamente bene meritarono nl loro tempo”.
a) “Essi non si accontentarono di diagnosticare i gravi mali da cui era colpita la gioventù in quelli anni, ma ebbero il coraggio santo e generoso di impiegare tutta la loro vita e tutte l loro energie per porvi rimedio… Alla base di tutta la loro formazione cristiana essi posero una approfondita catechesi teorica e pratica, e un convinto spirito di pietà. Per questo le loro scuole divennero subito i un periodo cruciale un vivaio di vocazioni sacerdotale e religiose.
b) I Cavanis bene meritarono per aver voluto le proprie scuole aperte a tutti i giovani senza distinzione di ceto sociale o di censo… Se la gratuità da essi voluta nelle loro scuole era anzitutto espressione della carità soprannaturale che ne informava la vita e ne animava il disinteresse paterno, era pure una affermazione implicita del diritto sociale di ogni giovane alla scuola, diritto intuito alla scuola del Vangelo. Aprendo così le loro scuole con preferenza per i poveri, i Servi di Dio si sottoposero con libera scelta e in obbedienza alla vocazione divina a una somma di sacrifici, di rinunce, di povertà, e si acquistarono il merito insigne di prevenire i tempi, superando una mentalità allora comune e radicata nella prassi statale, la quale voleva riservate ai nobili e ai ricchi le scuole superiori.
c) I fratelli Cavanis meritano tutta la riconoscenza, perché con coraggio indomito difesero questi principi, intuiti solo alla luce dell’esperienza evangelica, di fronte all’invadenza statalistica austriaca, tendente a monopolizzare la scuola per i propri fini politici. È certo che se essi si fossero rassegnati alle imposizioni della burocrazia austriaca, che li voleva esclusivamente dedicati alla educazione del ceto povero, avrebbero avuto una vita più facile, e non avrebbero mietuto quella larga messe di contrarietà e sofferenza che ne impreziosirono l’esistenza, e li fecero modelli di fortezza e di pazienza. Ma ciò che deve destare ancor maggiore ammirazione, si è che in questa impari lotta essi non assunsero mai atteggiamenti contestatori, né vennero mai meno al doveroso ossequio delle leggi e delle autorità civili”.
27. A queste parole così autorevoli, è doveroso aggiungere quelle della curia generalizia della Congregazione Cavanis, che sono espressione della stima e venerazione professata in essa e fuori di essa verso i Servi di Dio.
“Dei due Servi di Dio la congregazione sperimenta da sempre la protezione, visibile specialmente nei momenti di maggiori angustie. Sono inoltre parecchi i nostri religiosi che possono attribuire alla loro intercessione grazie di ordine materiale e spirituale. Ma anche altre persone pie sono convinte di aver ottenuto grazie segnalate rivolgendosi alla loro intercessione presso Dio…
Beatissimo Padre, ai nostri Fondatori noi guardiamo come a modelli di virtù, degni di essere proposti alla imitazione dei giovani, dei sacerdoti e dei religiosi. Come membri della Congregazione delle Scuole di Carità da essi fondata, non possiamo non sentire la forza trascinatrice dei loro esempi e insegnamenti: della fede generosa e senza tentennamenti; dell’ascolto immediato della volontà di Dio su di loro: della carità povera; dello zelo ardentissimo per la salvezza spirituale della gioventù soprattutto povera; della serenità di spirito anche nelle circostanze più avverse; della fortezza e pazienza nelle molte contrarietà che ebbero a soffrire; dell’attenzione sempre via nell’interpretare i segni dei tempi; della laboriosità nascosta, umile e instancabile per la gloria di Dio e il bene della gioventù; della loro fedeltà indiscussa ed entusiasta a codesta Santa Sede Apostolica. In modo particolare sentiamo tutto il valore e l’attualità della loro fervida unione con Dio e della loro intensa preghiera, che caratterizzò l’intera esistenza di ambedue, e che trasmisero in eredità santa alla congregazione, quale mezzo insostituibile di integrità di vita religiosa e sacerdotale e di fecondità di apostolato”.
27. Concludiamo osservando che la validità, l’opportunità e l’attualità della Causa di Beatificazione dei fratelli Cavanis emergono specialmente ai seguenti fatti:
a) La indubbia fama di santità goduta in vita e prolungatasi in un crescendo storico umile ma chiarissimo;
b) L’aver tale fama resistito in mezzo a tanti infortuni a cui andò soggetta la Causa;
c) Le prove inequivocabili offerte dall’originale e vasto lavoro storico della Positio super introducitone Causae et virtutibus ex officio concinatta;
d) Il riconoscimento praticamente unanime da parte dei Consultori Storici del suo valore al fine per il quale è stata approntata;
e) L’approvazione unanime dell’introduzione della Causa da parte del Congresso Ordinario tenutosi il 14 novembre 1980.